Blog - 15 marzo 2020
Un internista in un reparto COVID
Alberto Benetti
Vorrei condividere con voi alcune dinamiche emotivo/organizzative che sto vivendo in un grande Ospedale milanese dove lavoro.
Inizialmente pensiamo ai casi sospetti; poi ci rifugiamo nel tampone ma rapidamente veniamo invasi da polmoniti interstiziali gravi.
Le paure toccano tutti gli operatori (ho avuto contatto…devo fare il tampone?...i colleghi iniziano ad ammalarsi); lo spirito collaborativo è fino ad ora più vivo che mai.
All’inizio ci siamo trovati con dispositivi individuali che non sapevamo se adeguati; spesso non si capiva se erano sufficienti a scopo protettivo (sufficiente la maschera chirurgica? Meglio la ffp2? Laffp3?).
Abbiamo riposto fiducia nelle indicazioni e seguito le indicazioni aziendali (per i DPI in genere si rifanno all’OMS).
Abbiamo svuotato reparti di Medicina nell’arco di poche ore; si preparano letti che per un 24 ore sembrano troppi (si vivono giornate surreali perché crollano i nostri pazienti abituali e non sono ancora arrivati gli infetti da Covid) ma rapidamente si dimostrano insufficienti.
La richiesta di ventilazione non invasiva ed invasiva emerge essere essenziale per questi pazienti e la collaborazione con pneumologi ed intensivisti è indispensabile.
Nel mio ospedale sostanzialmente tutti i reparti di Medicina Interna vengono convertiti a Covid sfruttando la capacità degli internisti di gestire pazienti critici ed il loro abituale spirito collaborativo con specialisti infettivologi-pneumologi e rianimatori.
Le indicazioni vengono generalmente riportate nelle procedure aziendali che consiglio di conoscere e seguire al meglio per evitare “auto-gestioni” dannose in una fase di emergenza.
In questo momento i direttori hanno una importanza cruciale; devono sapere l’importanza del loro ruolo gestionale ma anche umano di supporto a tutti i collaboratori che vengono sommersi da una attività lavorativa diversa con un carico emotivo molto intenso.
Non è facile affrontare quotidianamente l’evoluzione della malattia che per molti pazienti risulta fatale.
I numeri crescono e la collaborazione di chirurghi-neurologi-urologi…diventa preziosa per riuscire a garantire assistenza a tutti i malati.
Dobbiamo ascoltare le esperienze dei colleghi che hanno vissuto prima di noi l’ondata epidemica per evitare di ripetere tutti lo stesso percorso costellato dagli stessi errori di valutazione e di organizzazione.
Credo utile questo strumento che la nostra SIMI ci offre per un confronto che possa essere costruttivo e possa anche aiutare nel rinforzare il senso del dovere del medico che in questo periodo è più che mai richiesto.
Alberto Benetti
Milano